Vendemmia 2016, Cabernet Franc, Bolgheri

 

Il Contrappunto dicembre 2020

 

Vendemmia 2016, Cabernet Franc, Bolgheri

di Luciano Di Lello

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Non c’è dubbio che le varietà dell’uvaggio bordolese siano una formidabile possibilità espressiva per il produttore di qualità. Dosare ogni anno le diverse uve e i loro più vari risultati per comporre un gran vino armonico e profondo è una meravigliosa opportunità ed una scuola al gusto e all’arte di suggerire emozioni per niente effimere.

Però il grande numero di Cabernet Franc in purezza che sempre più vengono proposti nell’area di Bolgheri sono un indizio che merita più di una riflessione nel valutare se ci troviamo qui davanti a rossi assoluti, tanto completi nel ventaglio di aromi e sapori da non guadagnare nulla nell’apporto di altri vitigni.

L’analisi allora, l’assaggio, ma comunque in fila lo spettacolo delle sue migliori etichette, per di più nella magnifica vendemmia 2016 dall’andamento stagionale molto più armonico ed equilibrato rispetto alla precedente 2015, ma anche alla successiva 2017. E prima, complessiva conferma di quanto il Franc riveli un adattamento forte al microclima di Bolgheri ed ai suoi terreni. Con grappoli più spargoli e piccoli, così come gli acini, e maturazioni appena anticipate rispetto al Cabernet Sauvignon, esprime vini più verticali rispetto al peso sostanzioso e appunto orizzontale di quest’ultimo vitigno, cui aggiunge un’essenzialità di toni e una classe perentoria, quando lo si sa cogliere in un preciso momento della sua maturazione, con particolarità aromatiche di bellezza unica e di una penetratività incancellabile.

Inizio dal Paleo Le Macchiole, non solo perché è il progenitore di tutti gli altri (e anche di uno stile, come vedremo), visto che già dalla 2001 è frutto di solo Cabernet Franc. Credo di averlo assaggiato in tutte le sue annate, con la costanza di splendidi rossi dal profilo profondo e nervoso, esito di vendemmie perfettamente centrate in un equilibrio di frutto e buona acidità, con tannini nobili ma decisi a dare estrema fermezza al vino. Da questa 2016 ho ricavato poi un’impressione enorme, con la mutazione climatica in atto a rendere il Paleo attuale di una morbidezza maggiore e di una godibilità appena anticipata. Vino così immediatamente complesso e potente, appena tenebroso al naso, virile e serrato, con confetture di frutti neri di bosco e bacche su uno sfondo affumicato e balsamico, ma tutto registrato su toni alti di freschezza che matureranno in decenni.

Similare poi in questa tensione a preservare la freschezza il Vox Loci Cabernet Franc di Batzella, al suo felicissimo esordio sulla 2016, che al carattere dark del Paleo contrappone invece una colorata luminosità smagliante di note, una vividezza di frutti e catrami, una raffinatezza di balsami e un’eleganza compositiva davvero rara per un vino giovanissimo e crudo, ma splendente di aromi ed energie dal grande futuro. Ancora su questo stile abbiamo poi il Foglio 38 di Fornacelle, con una base di uve dal superbo carattere, che negli anni meglio distribuirà il tumulto aromatico della sua gioventù.

Accanto a loro abbiamo poi dei Cabernet Franc 2016 assai diversi stilisticamente, che puntano sull’espressione dell’opulenza più matura, del volume e della grassezza del frutto, come il Dedicato a Walter di Poggio al Tesoro, nerastro ed impenetrabile già al colore, particolarmente succulento e ricco, pieno di spezie e bacche dolci, alcolico ma vivido. Così come il Casa di Terra intenso e concentrato di frutti, sontuoso e masticabilissimo, solido e potente, dal magnifico baluginio aromatico.

Una strada tutta sua percorre infine il Matarocchio Antinori che, ad una base solida e compatta di uve, aggiunge un’articolata sapienza compositiva, uno scaltrito intarsio di legni che va a comporre un pentagramma olfattivo particolarissimo e originale, con densi strati di vaniglie mature e tostate su note ematiche e materiche di carne affumicata, sottobosco, che via via sfumano nei piccoli frutti neri, poi cacao, caffè, menta.

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