febbraio 2020

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Se mi è rimasta un’immagine non cancellabile nel viaggio tra le contrade dell’Etna è stata in quella continua sequenza di vecchissime piante di Nerello, che salivano via via fino ai 1000 metri, quel brulichio di tronchi bassi e sinuosi, massicci e nodosi che si sollevavano verso lo spazio su strati di colate laviche millenarie e ne avevano man mano disfatto e sbriciolato le pietre, dissodato le masse, in un’immane fatica.

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