L’universo in fieri di Petrolo

Contrappunto Giugno 2020

L’universo in fieri di Petrolo

Di Luciano Di Lello

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John Cheever è stato il grande narratore della middle class americana nel suo intimo di drammi e ambiguità, celati dietro un’apparenza di benessere e perbenismo. Eppure alla fine di questi suoi racconti terribilmente inquieti la nave rientra ogni volta in porto, come lui stesso scrive, i bambini vengono salvati, i minatori estratti vivi da sottoterra.

Mi è venuto in mente questo, mentre assaggiavo uno straordinario vino. Che quanto cerchiamo in una grande bottiglia sia un senso di stabilità, di ordine sereno, che ci attraversi un’armonia di piacere e pura bellezza, anche nel mezzo delle nostre vicende più complicate (scrivo questo nel pieno dell’attuale pandemia). E al termine di una nostra giornata ci sia finalmente un rassicurante momento di luce.

Il vino in questione era il Galatrona 2003, bottiglia aperta con qualche apprensione ricordando quell’estate caldissima, che, per un vitigno precoce come il Merlot, può non essere l’ideale. Ma Petrolo è in alto, all’interno della Toscana, con un microclima più freddo e continentale. Tutto un altro mondo insomma. E questo rosso appariva memorabile, fortemente chiaroscurato, con note intense di catrame fuse superbamente ai frutti di bosco. Vino particolarissimo e calibrato, pieno di acuti, inciso e perentorio come un quadro espressionista. Diverso dai Merlot della costa, più morbidi, suadenti, immediati. E appunto questo Galatrona rivelava come per arrivare a una tale esplosività di profumi aveva avuto bisogno di molto tempo, 17 anni, crescendo con una fermezza ed un aplomb di bellezza miracoloso.

Ho assaggiato allora le sue ultime vendemmie in commercio, ricavando una forte impressione dal 2016 e soprattutto dal 2017, profondo, giovanissimo e sereno, seducente ed in totale equilibrio. Sarà un rosso meraviglioso, ma occorre anche attendere che apra completamente le sue ali.

Petrolo ci ricorda poi come in questi decenni la grandezza del miglior vino italiano sia stata nel suo essere laboratorio e tentativo di tutto, del nuovo e della tradizione. E il Campo Lusso è l’altra sua etichetta in ascesa, dalla sperimentazione nel 2001 del Cabernet Sauvignon in una storica vigna, alta ed a gradoni. Assaggiate qui la 2007 e poi la ’11, la ’15, la ’16, con le impressioni più complete, anche in questo caso, sulle annate più lontane, per un vitigno che ha geneticamente tempi di espressione e di sviluppo ancora più lunghi e lenti.

Ma questo vino porta anche a considerare come si viva oggi una fase (necessaria) di studio nelle nostre aziende, con numerose etichette che indagano le possibilità delle varietà bordolesi intese ancora separatamente, in purezza. A mio avviso però si aprirà presto quella fase successiva e più alta del saperle poi assemblare in un uvaggio meditato, sapiente, dove ciascuno dei vitigni dia il suo meglio, compensi ed esalti l’altro, facendo sì che il vino cresca perentoriamente nella loro simbiosi. E appunto il Campo Lusso potrebbe prestarsi in futuro ad ulteriori, perentorie sorprese con Cabernet e Merlot di tale espressività.

Ma un fondamentale capitolo di studio a Petrolo è logicamente dedicato al Sangiovese. Qui il Bòggina ne indaga la miglior selezione aziendale in due versioni, quella classica in botti medie e tonneau e l’altra in anfore di terracotta. Parliamo di due tragitti totalmente diversi, con l’anfora che sigilla il vino nella sua freschezza di puri aromi varietali ed il legno invece che lo evolve, lo educa, lo trasforma. E anche qui il futuro (perché molto è intelligentemente in fieri a Petrolo) sarà nel possibile, miglior connubio tra le due esperienze.

Infine eccezionale nei risultati è il San Petrolo, sublimazione dell’idea di Vin Santo, qui decisamente più basso in grado alcolico, ma con una concentrazione di zuccheri, una tattilità di frutto che ha del meraviglioso ed una serbevolezza che sfida davvero tutto il tempo che passa.

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