Il Contrappunto

Mi ha molto colpito leggere di Paul Durand Ruel e di Vollard, poi Kahnweiler, fino ai fratelli Rosenberg, tutti quei mercanti e collezionisti d’arte moderna che dagli Impressionisti alle Avanguardie del ’900 hanno scoperto e selezionato i più importanti pittori a loro contemporanei. Mi intrigava la capacità di questi uomini, il loro fiuto e occhio assoluto che permetteva di distinguere l’artista vero da chi invece sapeva soltanto copiare, quel riconoscere in pieno fieri il senso della ricerca profonda, che apre orizzonti dell’arte ed è totalmente diversa dalla fumosa accademia.

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Di certo per arrivare alla comprensione di un vitigno occorre molto tempo. Tra biotipi e terreni più idonei, quanto si guadagni o si perda nelle diverse altitudini, poi i sistemi d’allevamento e metodi di fermentazione, arrivare infine a delineare il vino nel miglior equilibrio tra tensione acida e corpo, bellezza di frutto e avvolgenza, lunghezza, profumi.

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Quello che colpisce nei vini emozionanti è l’atto creativo, quella loro ininterrotta sequela di intuizioni che porta a risultati tanto sorprendenti e felici, da fare scuola.

Ho vissuto il cammino dei bianchi dell’Alto Adige dagli anni ’70. Li ricordo nitidi ed affilati, profumatissimi, di alta acidità, appena sottili, prima che una nuova generazione di produttori e tecnici portasse a impressionanti selezioni di vigne, a maggiori maturazioni in pianta, al passaggio a volte in legni piccoli. Quelle etichette da monovitigno apparse negli anni ’90 hanno dato esiti meravigliosi. Bianchi densi, fitti, vasti, cremosi, che dilatavano e approfondivano il mondo precedente, sensualissimi ai profumi, pronti a sfidare il tempo e segnandosi nel mio immaginario come una suprema lezione di maestria e bellezza.

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Non c’è dubbio che le varietà dell’uvaggio bordolese siano una formidabile possibilità espressiva per il produttore di qualità. Dosare ogni anno le diverse uve e i loro più vari risultati per comporre un gran vino armonico e profondo è una meravigliosa opportunità ed una scuola al gusto e all’arte di suggerire emozioni per niente effimere.

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Primo viaggio tra le vigne di Montalcino nel 1974. Poi un ininterrotto flusso di verifiche ed assaggi, vedendo crescere e moltiplicarsi etichette, fortuna, vigneti con una originalità e ricchezza espressiva neppure immaginabile allora, per un territorio che, al di là della retorica vulgata, è giovanissimo al grande vino, con la stragrande maggioranza delle aziende appena alla loro prima generazione di produttori.

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Individualità e coralità nei Barolo e Barbaresco Pio Cesare di Luciano Di Lello Come punto d’origine il ritrovamento di vecchie bottiglie di Barolo e Barbaresco Pio Cesare su due vendemmie che definire difficili è un vero eufemismo. Parliamo della 1991 e 1992. E confesso la scarsa curiosità ad aprirle, provata per un po’. Poi, come…

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L’universo in fieri di Petrolo

Di Luciano Di Lello

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John Cheever è stato il grande narratore della middle class americana nel suo intimo di drammi e ambiguità, celati dietro un’apparenza di benessere e perbenismo. Eppure alla fine di questi suoi racconti terribilmente inquieti la nave rientra ogni volta in porto, come lui stesso scrive, i bambini vengono salvati, i minatori estratti vivi da sottoterra.

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migliori assaggi dell’anno

di Luciano Di Lello

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Esistono molti vini meritevoli nel panorama italiano, assai spesso però improvvisati e casuali. Mentre mi sono via via reso conto in questi anni come per il risultato assoluto serva invece consapevolezza piena, conoscenza sostanziosa e una perizia immensa. Come un grande romanziere, l’autore deve saper dominare la materia, viverne la gestazione, cogliendo le differenti dinamiche che ogni annata porta con sé, plasmandone i colori sotterranei, offrendo così uno spazio di emersione a tutte le infinite particolarità della vendemmia.

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Ho la fortuna di poter assaggiare frequentemente grandi rossi italiani degli anni ’80 e ’90, frutto di lavori e viaggi di decenni or sono. E sono verifiche che fanno pensare, perché i vini di quegli anni avevano tutta un’altra configurazione, un differente aspetto fisico, morfologico, frutto di una situazione climatica completamente diversa. Di certo rossi non opulenti, ma tesi e nervosi, snelli e soprattutto in molti casi ancora oggi in grado di esprimere una freschezza di frutto sorprendente.

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Se mi è rimasta un’immagine non cancellabile nel viaggio tra le contrade dell’Etna è stata in quella continua sequenza di vecchissime piante di Nerello, che salivano via via fino ai 1000 metri, quel brulichio di tronchi bassi e sinuosi, massicci e nodosi che si sollevavano verso lo spazio su strati di colate laviche millenarie e ne avevano man mano disfatto e sbriciolato le pietre, dissodato le masse, in un’immane fatica.

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