Hofstatter

Pinot Nero Barthenau Vigna Sant’Urbano 1997     92-93

Uscito per la prima volta con la vendemmia ’87, è il vino che ha immediatamente segnalato l’Alto Adige (se non l’unico) tra quei pochissimi territori al mondo che potevano dare una propria  voce al Pinot Nero, ovviamente Borgogna a parte.

Questo grandissimo vitigno, difficile proprio perché fedele al territorio d’origine, e tanto sensibile alla terra su cui poggia da aver fatto suddividere la Borgogna in microfazzoletti di vigne, proprio perché l’esito in profumi e sapori può essere diversissimo da un filare all’altro, qui, in particolare tra Mazzon e Montagna (ma non solo) trova delle piccole aree elette. E il Vigna Sant’Urbano ne è una dimostrazione perentoria, appunto con una sua storia già lunga, visto che il Pinot Nero vi era stato impiantato già nella seconda metà dell’Ottocento.

Siamo dunque a Mazzon, a 400 metri di altitudine e su un terreno di incrocio morenico di diversi ghiacciai, il cui disfacimento ha portato ad una composizione minerale quanto mai ricca e composita, fondamentale nella particolarità di questo vino.

Avevo assaggiato la vendemmia 1997 in una mia visita in Alto Adige nell’estate del 2000, quando era ancora in affinamento (sarebbe uscito poi nella primavera del 2001), partecipando ad una verticale completa del Vigna Sant’Urbano (tra gli ospiti ricordo anche un paio di enologi di Borgogna). Una di quelle lontane degustazioni che è impossibile dimenticare perché ti aprono e ti chiariscono dei mondi. E ti fanno scoprire come in casa tua stiano nascendo delle gemme che si consolidano via via in ogni annata, visto che le punte di quella verticale furono la ’87, ’89, ’90, ’93 e appunto ’97 (la 1995 risultò ingiudicabile per un problema di tappo).

La vendemmia 1997, ancora in piena evoluzione, sembrava quel giorno un gigante trattenuto, con un corpo, una concentrazione che forse il Vigna Sant’Urbano non aveva mai avuto e con un’anima balsamica che appena si intravedeva, ma come racchiusa dalla forza del vino.

Ritrovare ora questa bottiglia è stata una gioia e poi un vero splendore assaggiarla, con i suoi profumi di grande euritmia che non facevano che crescere nel bicchiere, sempre più vasti ed ampi, dalle straordinarie, ricchissime suggestioni ed eleganze, a partire dal primo impatto suffuso di soavi petali di rose, alla dolcezza poi del cassis, alla liquirizia, alla gomma bruciata e il tutto in una sensazione di infinita spazialità balsamica, assieme ad una sonora, fisica raffinatezza.

Anche la bocca è apparsa infinitamente equilibrata e assieme cremosa, soffusa di deliziosi e complessi sapori, in una trama di mineralità armoniose grondanti di superbo goudron. Vino che non ha ancora toccato l’apice ed ha possibili margini di crescita.

Ho campioni più recenti di questo vino, che vanno dalla 2007 alla 2011. A questo punto la curiosità è molto alta e farò presto una verticale del nuovo millennio sul Vigna Sant’Urbano.

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.