Il testimone hegeliano ed il Brunello di Montalcino 2015

Il testimone hegeliano ed il Brunello di Montalcino 2015

di Luciano Di Lello

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Primo viaggio tra le vigne di Montalcino nel 1974. Poi un ininterrotto flusso di verifiche ed assaggi, vedendo crescere e moltiplicarsi etichette, fortuna, vigneti con una originalità e ricchezza espressiva neppure immaginabile allora, per un territorio che, al di là della retorica vulgata, è giovanissimo al grande vino, con la stragrande maggioranza delle aziende appena alla loro prima generazione di produttori. E verificando come il testimone della ricerca, dell’avanguardia, insomma del miglior risultato possibile, passasse continuamente di mano in mano tra le diverse aziende, con interpreti che emergevano per straordinarie bottiglie e poi si appiattivano su altre annate, scomparivano, venivano superati da nuovi autori in un divenire hegeliano che ci fa comprendere come il grande vino sia un’immagine esemplare del progresso estetico di un territorio, ma, come avviene spesso nella società, anche dell’adagiarsi dell’individuo in un conservativo ristagno di idee o magari nel voler aumentare i numeri, passando all’incasso.

Confesso inoltre come, dopo i grandissimi risultati della vendemmia 2010, fossi rimasto poco convinto della 2011 e 2012. E visto l’andamento climatico difficilissimo della 2014, avessi anche trascurato un po’ il territorio (qui sbagliando, perché l’assaggio a posteriori della 2013 ha offerto invece un buon numero di Brunello di Montalcino dal notevole valore).

Ora la presentazione della grande vendemmia 2015 è stata l’occasione per una verifica capillare tra i produttori, fermo restando che il Brunello Riserva uscirà nel prossimo anno e sarà dunque un’analisi da riprendere. Ma da subito mi hanno enormemente colpito i tre nuovi cru di Hayo Loacker, in cui per la prima volta a Montalcino ho visto compiersi l’auspicata congiunzione di vini dalla superba bellezza, ma anche con una fondamentale freschezza ed energia di frutto. Etichette che segnano, a mio avviso, un passo evolutivo considerevole nella giovane storia del Brunello, con una nuova generazione di vini ora all’orizzonte. Ma nulla nasce mai per caso, visto il lungo lavoro biodinamico nelle vigne di Corte Pavone, con le selezioni man mano delle parcelle elette, quelle dove i grappoli maturano in modo più completo e complesso, identificando via via 7 cru, elevando poi i vini in botti grandi, vasi di terracotta, cemento.

Con la vendemmia 2015 iniziano ora ad essere presentati sul mercato i primi 3 cru, in un risultato generoso e perentorio, mai troppo segnato dal legno, in cui il frutto varietale del Brunello si manifesta nei suoi tratti più puri e originali. In questo nuovo mondo espressivo il “Fiore del Vento” trabocca di sapidissima giovinezza. Il “Campo Marzio” è il più esuberante e potente, il più grasso e voluminoso. Per il “Fior di Melitolo” infine ho una personale predilezione per la nervatura elegantissima che lo attraversa, su cui si distendono dolcissime e lunghe saporosità catramate.

La Rasina poi sul versante est di Montalcino è l’altra azienda esemplare, che lavora (la giacitura, il terreno) su vini dal contenuto più pensoso, striato, materico e di cui ricordiamo la monumentale Riserva DiVasco 2010 e 2013. In attesa della 2015, che avrà due ulteriori anni di affinamento, è stata appena presentata la nuova selezione PerSante 2015, uno dei grandi assaggi di questo lavoro, rosso profondissimo, intenso, carico di suggestioni aromatiche di sottobosco, bacche, inchiostri, balsami, che ne sublimano la densità corporale.

Infine San Polino, con vigne più alte che guardano a sud-ovest, si conferma anche nella 2015 per l’incontaminata eleganza e bellezza del suo Brunello base, flessuoso e levigato, carico di grazia espressiva e soavità. Tutti elementi distintivi che si concentrano in modo superbo nella selezione Elichrysum, ricchissima di frutti freschi, dai tannini nobilissimi, setosi e dalla finezza perentoria e dolce ai sapori.

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