Nell’Abruzzo dei Montepulciano che sanno sorprendere

 

Nell’Abruzzo dei Montepulciano che sanno sorprendere

di Luciano Di Lello

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Nel fondo credo di essere un ottimista inguaribile, di quelli che sperano che la bellezza riesca a superare ogni ostacolo alla fine e ci sia insomma un bene ed una logica al termine di qualsiasi nostro tunnel.

Mi è venuto in mente questo pochi giorni fa davanti all’assaggio del Celibe 2015. Un rosso tanto imperiale e maestoso da confermarmi la qualità assoluta del Montepulciano d’Abruzzo, se tentato, interpretato e assecondato nelle sue caratteristiche più profonde, di energia, di forza, di intensità, lasciando che le uve maturino al punto limite da sublimarne l’intera materia. Certo, ne viene fuori un vino dai parametri esplosivi, ma in totale armonia fra loro, con un equilibrio altissimo di spazialità rigogliosa, di densità di frutto opulento e dolce, che invade e tracima su ogni spigolo tannico, arrivando all’unicum e all’irripetibilità di questo vitigno, alla sua cima estrema di sapori.

Parliamo qui di una vigna con 60 anni di età, filari allevati a guyot nel cuore pieno di uno dei suoi habitat storici come Torano. Materia prima dunque dal dna eletto. Ma in questo Celibe ’15 si è saputo anche coniugare una purezza di vinificazione tanto esemplare da restituire un nitore sonoro che amplia l’orizzonte del gusto, dei sensi, dei colori, risultando stupefacente da provare nel suo infinito di suggestioni fino al pieno di una gioiosità beethoveniana.

Come non essere allora ottimisti davanti alla straripante bellezza di un’etichetta così poco nota, quasi nascosta nel nostro panorama? Per me è stato uno dei grandi assaggi dell’anno, ricordando come stiamo parlando di un Colline Teramane Riserva. Perché in questa regione si è anche tentato di andare oltre la genericità dei Montepulciano d’Abruzzo, creando nuove denominazioni. Ed è una via logica questa, che meriterebbe più fortuna ed attenzione. Visto che un altro dei Montepulciano davvero fascinosi di questi anni appartiene alla denominazione Tullum ed è il Rosso Riserva di Feudo Antico. Testato sin dalla sua nascita con la vendemmia 2008 e che presenta oggi un 2014 di sorprendente felicità espressiva.

Rileggendo gli appunti di degustazione, mi ha colpito quel “vino senza cupezze”, che avevo scritto di getto davanti al bicchiere. Ed è questo del carattere un argomento di cui poco si parla, che va oltre i punteggi o le descrizioni organolettiche. Questo grande Rosso Riserva appariva tanto teso verso una rigogliosità di frutti rossi, verso una loro freschezza e grassezza, assieme ad una pura lucentezza di linee, da comunicare un sentimento di gioia, di vita prosperosa, di momento sereno, come non spesso ci capita nelle nostre giornate. Un vino di estremo godimento, così da giovane, pur contenendo in sé i precursori della complessità, che nel tempo matureranno verso i goudron, le cioccolate, il mondo più articolato delle vaniglie torrefatte e delle spezie.

Credo che i vini importanti possano essere anche connotati da questa espressività di gioia, di ridondanza. E aggiungo a questa categoria il magnifico Bellovedere 2015, decisamente alla sua migliore vendemmia, un rosso splendido, dalle superiori sensazioni di velluto folto, fitto, in cui si fondono strati densi e succulenti di frutti rossi maturi.

Il Montepulciano però, su terreni diversi e plasmato da altre mani, può esprimere la sua gioia espressiva anche in modi e tempi differenti. Porto ad esempio due etichette di Loreto Aprutino come il Mazzamurello ed il Cocciapazza, in cui il loro meglio portentoso è su valori più rarefatti e terziari. Non è cioé la fase immediata del frutto a renderli unici, tanto da apparire assai crudi all’inizio. Ma è quello che sviluppano in bottiglia ad incantare, una luminosità che si accende negli anni con una corporalità sempre più dolce di confetture, carne, cioccolata, poi il crescere di mineralità, catrame, erbe di macchia fumé, fino ad una indimenticabile impressione di garrigue.

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