Tenuta di Trinoro

 

Tenuta di Trinoro 2011     94-95

Palazzi 2011        93

Magnacosta 2001      91

Le Cupole  2011   89-90

Le Cupole  2006   90

Possono esserci luoghi e territori dove gli esiti vendemmiali restano sempre abbastanza costanti negli anni. Ma a Trinoro, l’altitudine, il microclima fresco, la necessità di attendere una fase assai avanzata della stagione, portano ogni volta a risultati non raffrontabili con il resto della Toscana. Inoltre in un territorio come questo, al limite estremo della vite, i vini saranno sempre profondamente differenti dalla vendemmia precedente e da quella successiva pure nella stessa, medesima vigna. E questo è anche uno dei fascini di Trinoro, quello di rossi dall’irripetibilità più totale.

Della vendemmia 2011 avevo avuto notizie a voce da Andrea Franchetti, prima di quello stesso Natale. Soddisfattissimo, dopo una estate calda che era sembrata non dare tregua alle piante. Poi a metà ottobre una terribile notte di pioggia e tempesta (poteva altrove essere il finale disastroso della vendemmia) e le piante di Cabernet Franc ne escono invece rinvigorite, riprendendo a maturare, a correre e ad elaborare sostanze e sapori fino al termine del mese ed anche ai primi di novembre poi con il Cabernet Sauvignon ed il Petit Verdot, che, piantato a più di 600 metri, è sempre l’ultimo ad essere raccolto.

A luglio del ’12 “Mi sembrano vini grandiosi” mi dice Andrea al telefono. “Ti mando dei campioni dalle botti. Sentili un po’”. Mi arrivano di venerdì. Qui l’antica, imperiosa regola veronelliana: o si assaggiano subito o dopo almeno due settimane. La curiosità è immensa. E vado così, senza problemi, per il subito.

Conservo ancora gli appunti di quell’assaggio. Una bottiglia di Tenuta ’11 ed una di Palazzi ’11, che dal 2009 rappresentava il Merlot in purezza di Trinoro.

Verso il vino nei calici, dopo averli avvinati. Colori impenetrabili, nerastri edi una consistenza quasi visiva. Probabilmente per una forma di rispetto verso il Tenuta (lasciamo che si ossigeni un po’, pensavo), porto al naso il Palazzi (il 2009 mi era piaciuto, ma presentava un filo di spigoli verdi ai profumi che non mi aveva convinto del tutto), così non mi aspettavo proprio per niente quella bordata di deliziosità di polpa avvolgente e mastodontica in arrivo, certo ancora grezza, ma carica di dolcezze cremosissime di more e frutti di bosco. Aveva di certo più rotondità e profondità del 2009, mantenendo assieme tutto il sorriso e la luce del Merlot, quando è davvero grande. Insomma un vino sferico, formoso e felice, con un che di davvero splendente e radioso.

Il Tenuta ’11, al 90% da Cabernet Franc, era molto più chiaroscurato, più tannico, più severo, un vino con un che di assai più ieratico e monumentale, più potente, inchiostrato ed assieme quasi spettrale. Se c’era qualcosa che mi veniva in mente era il suono di quegli ultimi quartetti di Beethoven, non so, l’Opera 132 con il suo attacco duro, inquieto, contrastato o poi quell’incredibile Molto adagio. Era insomma un vino meraviglioso, che posto, misurato accanto al Palazzi, appariva superiore, più grande ed esteso, che si spingeva a profondità abissali, eppure mi appariva anche, come dire?, più tetro, più fosco. Forse l’avrei preferito con un minimo di luce in più, che lo avrebbe reso più vasto, più universale.

Lo scrissi per e-mail il giorno dopo ad Andrea, cercando di articolare tutto il discorso, parlando di forme, buttandola su “volumetrie armoniche, sensazioni”.

La risposta mi arrivò subito dopo, lapidaria e fulminante, che non ammetteva ulteriori intrusioni “Lo voglio spettrale”.

Andrea Franchetti - PalazziQuesta l’introduzione e il primo approccio al vino che mi è più piaciuto in questo tempo, quando un anno e mezzo dopo l’ho ritrovato, dopo aver ultimato il tempo di legno, definitivamente assiemato, e con un primo, doveroso affinamento in bottiglia a farlo comporre. Parliamo di un rosso dai parametri esplosivi in estratto, volumetrie, ricchezze, alcol (tra i 16 e 16,5 gradi), un vino particolarissimo, che mi fa sempre più pensare come le zone estreme siano certo incostanti nei risultati, perché legatissimi all’andamento climatico, ma anche inarrivabili, quando la stagione diventa favorevole e la mano dell’uomo è capace e sapiente. Il Tenuta ’11 lo ritrovavo (ma il primo assaggio era stato su un taglio da barrique) con lo stesso indimenticabile timbro solenne e austero, ma appariva poi dilatato, cresciuto in aromi maturi, fittissimo di frutti che sovrapponevano i loro strati via via a complesse dolcezze in un’armonia superba ed opulenta. Sicuramente era meno “spettrale”, aveva evoluto certe cupezze adolescenziali e appariva in una boreale luminosità, tanta era fitta la grassezza, la sonorità, la concentrazione ricchissima di sensazioni preziose in un lunghissimo finale inchiostrato di goudron. Un vino totale, assoluto e una grande emozione berlo.

Il Palazzi 2011 mi appariva poi incantatorio come la prima volta, grandioso, aperto, con tutta la suggestione del suo sorriso, di una profondità completa ed al tempo stesso dalla gustosità infinita. Merlot setoso, avvolgente, dalle grandi, voluttuose forme rinascimentali e una bocca vasta e deliziosa, con volumi densi, corposi, per un vino fisico, dal corpo florido, sereno, con i seni di una morbida bellezza struggente.

Ha fatto poi il suo esordio in questa vendemmia il Magnacosta, da Cabernet Franc in purezza impiantato in 3 ettari più di 20 anni fa sul fondo ciottoloso di Trinoro, lungo il piano della cantina. Vino diverso dagli altri due, che considero più didattico sull’espressività varietale del Cabernet Franc, un vino da manuale su quello che è il mondo di questo vitigno, con toni aromatici assai lunghi e floreali, meno opulento dunque degli altri due, ma al tempo stesso assai lungo, vibrante, quasi nervoso al paragone, elegantissimo e con un lungo tono fumé ad attraversarlo. Vino questo che paga una certa crudezza e che maturerà con anni di bottiglia.

Ma assieme c’era anche un Le Cupole memorabile, uno di quelli che considero, in un’espressione un po’ antica, uno dei miei vini del cuore. Bevuto infinite volte in questi anni, non ha mai deluso. Rapporto qualità-prezzo travolgente.

Ricordo il 2002 (annata pessima e il Tenuta quell’anno non fu prodotto e sta dunque lì dentro). Ne avevo trovate due ultime bottiglie in cantina. Le porto ad un pranzo tra amici assieme ad altri vini (sono convinto di essere invitato in genere solo per questo mio traboccare di bottiglie). Nel versarlo il Le Cupole appare un po’ scarico al colore (ma è nato così). Si apre però al naso con una bordata di frutti di bosco maturi, vaniglie, spezie dolcissime e preziose che sono un vero colpo alla memoria. Torna in mente l’infanzia, l’adolescenza, il mare, qualche viso che avevamo dimenticato. Insomma, a farla breve, la seconda bottiglia non l’ho aperta. Ho brigato con altri vini, ho bofonchiato qualcosa. E alla fine, un po’ nascostamente e rischiando l’incidente diplomatico, me la sono riportata a casa. Ma tant’è.

Il Le Cupole però può davvero sorprendere e far commettere cattivi gesti. E’ il secondo vino di Trinoro (oggi dovremmo forse dire che è il quarto), ma è un rosso fantastico, nelle grandi annate poi superbo, confortevole anche nel prezzo. Certo meno esasperato e complesso del Tenuta, che resta insomma un vino da grandi occasioni, da momenti particolari. Ma ricordo un paio di mesi fa di aver trovato, nel mezzo di una cassetta in legno di un altro vino, un Le Cupole 2006. La vendemmia era stata assai buona. Ma, mi sono detto, come avrà tenuto il Le Cupole? L’ho aperto la sera stessa, spensieratamente, senza problemi. Ed è apparso dal bicchiere un gran rosso delizioso, perfettamente bilanciato, con una gamma di profumi intensi ed incantevoli che hanno reso bella una serata qualsiasi, allontanando ogni ombra, ogni preoccupazione.

Il Le Cupole 2011 è così uno dei migliori affari che si possa oggi fare, frutto di quella che ritengo complessivamente la migliore vendemmia di Trinoro. L’ho assaggiato più volte nel corso dell’anno, è appena crudo, e me lo terrei ancora 1-2 anni in cantina affinché maturi, si allunghi e componga meglio, si rinsaldi. Ma comunque, anche bevuto ora, può diventare una scoperta magnifica e un compagno di viaggio davvero inseparabile per il futuro.

(nella sezione Storie La Via di Trinoro)

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.