Feudo Antico

Rosso Riserva 2010  92-93

Tullum Brut 2010    89

Tullum Pecorino 2013  86

Pecorino Casadonna 2013   87

Tullum Bianco Biologico 2013   86-87

Rosato Biologico 2013   87-88

Considero questa azienda, sin dalla sua fondazione nel 2008, una sorta di laboratorio e di fucina del miglior vino abruzzese, che vede il decollo anche della piccola Doc Tullum con vigneti selezionati da mappali storici del territorio, tutti in riconversione biologica.

Nata da una costola di un colosso come la Cantina Tollo, Feudo Antico sta a questa come la Ferrari alla Fiat. E le sue etichette filmano anche la tensione creativa ed il desiderio di novità che c’è nella regione, con numerosi produttori di qualità, ma, da non sottovalutare, anche con un gran numero di appassionati ai grandi vini, che hanno piena coscienza di possedere nel loro patrimonio storico un vitigno come il Montepulciano, che viene tentato solo in parte delle sue potenzialità. E accanto a questo riscoperte importanti come il Pecorino, la Passerina, per non parlare poi dello storico Trebbiano. Ma tutti questi da tentare anche in modo diverso.

Voglio dire che in Abruzzo, più che in altre regioni, esiste una clientela che desidera vini che vadano oltre gli schemi, che superino i confini dei vini canonizzati, scolastici. Tutta la ricca proposta e ricerca, ad esempio, delle aziende sui vini naturali non filtrati, sia bianchi che rosati (e parliamo alla fine di numeri non esigui) si spiega in questo senso, con la presenza in questa regione di un sano fermento, visto che il consumo di tali interessanti prodotti è quasi tutto locale. Certo questi ultimi anni di crisi economica non aiutano. In Abruzzo e a Feudo Antico si continua però a lavorare e ad indagare, provando a declinare vini decisamente non scontati e banali.

Ma vorrei partire subito dal Rosso Riserva 2010, che è un vino travolgente, uno dei migliori d’Italia e sicuramente una delle più importanti apparizioni dell’anno. Doveroso però premettere che in questi vini di Feudo Antico c’è un motore meccanico e di ricerca che si chiama Riccardo Brighigna, l’enologo più schivo che io conosca. Che mi conferma come in Italia, in tutti i campi e in tutti i lavori, abbiamo un discreto numero di grandi tromboni che si palleggiano chiacchiere, raccomandazioni, banalità e sorrisi da audience televisiva. Mentre quelli davvero bravi restano in disparte, nell’ombra, a lavorare, a provare, a tentare e, in fondo a rendere ancora bello il nostro paese. Riccardo Brighigna appartiene a questa parte buona dell’Italia. Nel suo lavoro è tra i più competenti e seri che io ho conosciuto, ma è molto difficile che lui appaia in pubblico, ancora più difficile che si metta ad esaltare i propri vini. E ai miei occhi questo è un pregio. So come lavora, come assaggi continuamente i migliori vini del paese. C’è in lui un’ansia estetica a migliorarsi, a fare meglio, a progredire. E in qualche misura questo Rosso Riserva è la summa dei suoi decenni di lavoro e di esperienza sul Montepulciano nella sua versione più importante e complessa, frutto poi di una vendemmia magnifica come la 2010, di una dura selezione di uve, con un leggero appassimento di una piccola parte dei grappoli, 15 giorni di macerazione poi sulle bucce, un anno in vasca di cemento, 18 mesi in barrique. Imbottigliato infine nel giugno 2013 e posto così in affinamento.

DI LELLO 33Parliamo di un rosso straordinario, di impatto grandissimo, se vogliamo, monumentale nel portamento, ma ricchissimo di sfumature, echi, suggestioni, profumi. Perché c’è il rischio nei grandi Montepulciano raccolti nell’epoca più tardiva, e dunque appena surmaturi, generosi, assai alcolici, che alla fine restino come statici, molli, poveri di profumi. Questo Rosso Riserva è invece un affresco ed un intarsio di aromi dinamici ed articolati che traboccano di frutti rossi e neri maturi e dolcissimi, attorniati da succose note di cioccolato bianco e spezie incensate. Una reale meraviglia e felice suggestione di sontuosità, ma assieme a questa c’è anche una forte misura, un controllo, un baluginante nitore e così eleganza dunque, espressione difficilissima da ottenere in vini di questa concentrazione e caratura.

La sua bocca è poi di una cremosità e dolcezza straordinaria, masticabilissima e suprema, piena di frutto dolce e di creme, di movimento, di energia intima, di spaziosi sapori certamente opulenti eppure sempre aggraziati, dal tessuto setoso, che si aprono in un continuum via via possente e assieme delizioso.

Ma tra le novità dell’anno, ad indicare come l’indagine sia qui a tutto tondo, c’è anche questo Tullum Brut 2010, interamente da Chardonnay di vigne tra i 15 ed i 20 anni di età, con uve raccolte a metà agosto, che hanno fermentato a temperatura controllata in vasca inox, che sono rimaste sui propri lieviti per altri 6 mesi in vasche di vetrocemento, che hanno poi rifermentato in bottiglia affinandosi sur lie per 36 mesi. Parliamo così di un Metodo Classico da vigneti a 130 metri di altitudine, che si affacciano sull’Adriatico. Microclima questo del tutto particolare e non facile per ottenere un blanc de blancs millesimato che si distingua e valga la pena assaggiare. E invece questo spumante ci ha colpito, ha una consistenza, una classicità, una bellezza di profumi e sapori sua e particolare. Se ha un limite è nel suo essere perfettamente pronto e compiuto, in questo senso da qui a 12 mesi lo consumerei tranquillamente al suo apice, senza altre attese inutili. Ma c’è una logica in questo vino, nel senso di sfruttare al meglio le caratteristiche dello Chardonnay in questo particolare sito, lavorando sulla bellezza, la densità, il carattere e la ricchezza che questo vitigno esprime in climi più temperati e caldi.

Bello e fitto così il perlage, colore poi vivido e appena carico, naso che si apre maestoso su toni di vaniglia tostata, beurre noisette, su uno sfondo classicheggiante di lisi di lieviti. La bocca è poi immediatamente sapida, giustamente nervosa, come forse non immaginavamo, e al tempo stesso piena, carica, ricca, importante, gustosa e puntuta, intensa. Un bell’assaggio, inatteso, da uno spumante che esprime anche una sua particolare complessità di fondo.

C’è poi a Feudo Antico un capitolo sul Pecorino, con varie etichette, diverse per sito e/o tecnica di cantina. Parto dal Tullum Pecorino 2013, che è un bianco che, sin dalla prima annata, mi ha sempre arciconvinto. Vino perfettamente calibrato, da grande scuola di vinificazione, in cui l’espressività del vitigno emerge in eleganza di profumi ed in ricchezza di sostanza alla bocca, in appetitosità gustosissima e ammandorlata, in magnifico nitore. Non parliamo di un vino che miri ad una particolare complessità. Credo che nei piani aziendali questo bianco, dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, deve coprire in sostanza l’anno successivo alla vendemmia. Però io l’ho sempre trovato un magnifico vino da pesce, consumato in tutto il periodo estivo e quello autunnale. L’annata 2013 poi, con il suo andamento fresco nel periodo di maturazione dei grappoli, ha dimostrato come questo vino abbia anche qualche ulteriore possibilità evolutiva. Assaggiato a fine ottobre è un bianco ancora freschissimo, denso e saporito, con un suo lungo spazio di godimento.

Da questa vendemmia 2013 c’è poi la novità del Pecorino Casadonna, ottenuto da una giovane vigna posta a 900 metri di altitudine, nella proprietà dello chef Niko Romito. Siamo dunque in una zona interna dell’Abruzzo, vicino Castel di Sangro, per un vino di montagna in una zona-limite della vite.

Diciamo subito che in questo caso ci troviamo davanti ad un Pecorino che è solo ai suoi primi vagiti ed il confronto è assai interessante, perché, pure partendo da uno stesso patrimonio genetico, il vino appare assai più verde, minerale, acuto, con uno spettro aromatico che deve ancora compiersi e dona oggi sensazioni di erba tagliata, fieno, spezie di montagna su uno sfondo di roccia. La bocca è energica, con spigoli e nervosità che devono schiudersi, dissigillarsi, ma al tempo stesso il vino ha volume e un fondo nobile di dolcezza. E’ solo una prima annata, manca ogni raffronto, però di certo ci troviamo davanti ad un’etichetta di particolare intensità, da seguire nelle sue evoluzioni nel tempo.

Nel pacchetto d’offerta di Feudo Antico ci sono infine almeno altre due etichette di valore ed entriamo così nel campo di quei vini biologici e non filtrati di cui parlavamo all’inizio della scheda. Il primo è il Tullum Biologico Bianco ’13, da vecchi vigneti di Trebbiano, con breve macerazione sulle bucce fino all’inizio della fermentazione spontanea (da pied de cuve delle stesse uve) per il 50% in vecchie barrique di rovere e di acacia per 5 mesi, per l’altro 50% in vasche inox e poi in vasche di cemento.Imbottigliato infine senza essere stato filtrato.

Parliamo di un bianco assai interessante, con un buon cammino di evoluzione davanti, molto particolare nei toni aromatici, con un soffuso tono di legno che va a fondersi nel frutto su un elegante sfondo di lisi di lieviti. E tutto appare molto lineare, bello, cremoso e nitido.

Ma una particolare predilezione l’abbiamo per il Rosato Biologico. Assaggiato su varie annate, è un vino che si è sempre confermato, dando anche dimostrazione di maturare benissimo negli anni, di tenere, evolversi. Forse qui però devo prima di tutto confessare il mio generale, scarsissimo amore per i rosati, cerasuoli, chiaretti e così via dicendo. Sono vini che non capisco, non mi spiego, quasi sempre nati per ottenere qualcosa di immediato, fresco e banale, che non mi interessa più di tanto (o per salassare vini anche importanti). Questo Rosato invece, e qui arriviamo anche alla 2013, è uno dei pochissimi che mi intrighi e mi dimostri come il Montepulciano abbia nel suo patrimonio genetico un’infinita serie di marce in più e di possibilità espressive. Il suo percorso di cantina è similare al Bianco Biologico, con una metà che fermenta in barrique di rovere ed acacia per 5 mesi e l’altra parte in inox e poi cemento. Ma le ragioni di questo vino le trovo immediatamente nel suo naso, che possiede un ventaglio olfattivo di bellezza e qualità superiore, un respiro pinotteggiante, con sensazioni di petali di rose e piccoli frutti su una bocca ricca, dolce, sapida, gustosa, elegante. E l’impressione che tutto continui a crescere nel bicchiere. La piacevolezza straordinaria dei suoi sapori, la gustosità fresca e cangiante del suo frutto.

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